20-02-2025 BASTA CANI ALLA CATENA: LA STORIA DI PARDO E IL DOVERE DI DENUNCIARE

Roma, 20 febbraio 2025 – Dopo otto anni di privazioni, Panchito – ora ribattezzato Pardo – ha finalmente riconquistato la libertà. Legato fin da cucciolo con una catena al collo in un’area rurale di Sassofeltrio, in provincia di Rimini, il cane era stato abbandonato a se stesso dopo l’arresto del proprietario. Grazie alla segnalazione di una volontaria e all’intervento tempestivo dell’Enpa di Rimini, la sua storia ha avuto un lieto fine. Ma non tutti i cani hanno la stessa fortuna.

UNA PRATICA CRUDELE E ILLEGALE

La detenzione dei cani alla catena è una pratica ancora troppo diffusa in Italia, nonostante le normative regionali e locali sempre più restrittive. Come sottolineato dall’avvocato Enpa Claudia Ricci, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ormai stabilito in modo chiaro che questa condizione costituisce un illecito penale ai sensi dell’articolo 727 del Codice Penale, configurandosi come detenzione incompatibile con la natura dell’animale. In presenza di lesioni fisiche o psicologiche, il reato può aggravarsi fino a rientrare nel maltrattamento di animali, punito dall’articolo 544-ter del Codice Penale.

Anche laddove una legge regionale o un regolamento comunale consentano ancora il ricorso alla catena, tale norma viene superata dalla giurisprudenza maturata nel tempo. Questo significa che chiunque veda un cane detenuto in queste condizioni può e deve denunciarlo, perché la pratica è comunque sanzionabile penalmente.

IL CASO DI PARDO: UN MONITO PER TUTTI

La vicenda di Pardo dimostra quanto la sensibilizzazione e la denuncia siano strumenti fondamentali per salvare vite. Per otto anni, questo cane è stato costretto a un’esistenza immobile, senza possibilità di muoversi liberamente o socializzare, come invece richiede la sua natura di animale sociale. La sua catena non solo lo ha privato della libertà, ma ha rappresentato una condanna alla solitudine e alla sofferenza.

L’Enpa di Rimini, con determinazione e tatto, ha lavorato per settimane per ottenere il suo rilascio. L’unica soluzione legale per il proprietario è stata la cessione del cane, evitando conseguenze penali certe. Ora, Pardo sta finalmente riscoprendo la gioia di correre, giocare e fidarsi dell’uomo, ma la sua storia deve servire da esempio: nessun cane dovrebbe mai vivere incatenato.

DENUNCIARE È UN DOVERE MORALE E LEGALE

Chiunque si imbatta in un cane tenuto alla catena deve segnalare la situazione alle autorità competenti o alle associazioni animaliste. Non basta limitarsi a un gesto di pietà, come portargli cibo: occorre testimoniare che l’animale viene costantemente privato della libertà e, se possibile, documentare con foto e video la sua condizione.

L’Enpa continuerà a battersi per un’applicazione rigorosa delle leggi e per il rafforzamento dei controlli, soprattutto nelle aree rurali, dove il fenomeno è ancora troppo diffuso.

La storia di Pardo è una vittoria, ma il nostro obiettivo è che nessun altro cane debba mai affrontare otto anni di prigionia. Perché la libertà è un diritto anche per loro.